L’illuminismo
L’epoca illuminista e successivamente l’età napoleonica segnarono una svolta nella condizione degli ebrei. Fu il momento dell’emancipazione e del riconoscimento dei diritti civili, ma un nuovo tipo di problemi era all’orizzonte. In Europa Occidentale, infatti, le teorie basate sull’egualitarismo democratico permettevano loro l’acquisizione dei principali diritti, la fine dei ghetti e l’inserimento nel tessuto sociale. Parallelamente, però, il processo di secolarizzazione in corso li induceva a misurarsi con una realtà inedita che chiedeva anche agli ebrei di abbandonare i loro principi religiosi per inserirsi in una nuova realtà razionale e laica. In altri termini, dall’illuminismo e dalla Rivoluzione francese agli ebrei fu concesso “tutto come singoli, nulla come popolo”: era il principio enunciato in un celebre discorso nel 1789 durante il dibattito dell’Assemblea Costituente francese dal deputato monarchico-costituzionale Clermont-Tonnerre. Era l’inizio di nuove sfide da affrontare[37]. L’universalismo illuminista generava un paradosso: da un lato iniziava il processo di emancipazione, dall’altro gli ebrei erano sollecitati ad assimilarsi, quindi a perdere la propria identità. Gli ebrei erano ritenuti vittime delle loro superstizioni e dovevano rinunciare alla loro identità ebraica di gruppo.
La realtà è che spesso il mondo ebraico era quasi totalmente sconosciuto agli intellettuali illuministi, le cui conoscenze in merito poggiavano prevalentemente sui pregiudizi dei secoli precedenti.
Paradigmatico in tal senso fu Voltaire. Nonostante condannasse la persecuzione religiosa antiebraica, nel suo pensiero la feroce critica al “giudaismo intollerante”, matrice del “cristianesimo intollerante”, si accompagnava al violento disprezzo per gli ebrei stessi. Come esempio bastano poche espressive righe tratte dall’articolo “Ebrei” del suo “Dizionario Filosofico”: «Non troverete in loro che un popolo ignorante e barbaro, che unisce da tempo la più sordida avarizia alla più detestabile superstizione e al più invincibile odio per tutti i popoli che li tollerano e li arricchiscono»[38].
Inoltre, il consolidarsi degli Stati nazionali in Europa dal XIX secolo generò il mito della cosiddetta doppia lealtà: la fedeltà degli ebrei agli Stati di appartenenza veniva messa in dubbio a causa di una presunta prevalenza della solidarietà interreligiosa che travalicava anche i confini nazionali[39].
[37] Si veda l’unità “Ebraismo e società civile”, paragrafo “Ebrei e stato di diritto”.
[38] Maurizio Ghiretti, Storia dell’antigiudaismo e dell’antisemitismo, Bruno Mondadori, Milano, 2002, p. 142.
[39] A tale proposito, si vedano la sezione Diaspora, paragrafo “Il senso dell’esilio”, e la sezione sull’Ebraismo e società civile, paragrafo “Ebrei e Stato di diritto”.