L’antisemitismo contemporaneo

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La secolarizzazione della società europea occidentale porta a un lieve e graduale affievolirsi dell’antigiudaismo cristiano. Parallelamente, però, emergono nuove forme di odio antiebraico, destinate a concretizzarsi nell’antisemitismo di matrice razziale. Nell’’800, iniziarono quelle teorie antropologiche (il cosiddetto “darwinismo sociale”) che proclamavano l’inferiorità degli ebrei rispetto alle altre popolazioni europee. Il nazionalismo esasperato della seconda metà del XIX secolo contribuì a fomentare questa visione.
Questa nuova base culturale si ispira al concetto di “razza” elaborato in ambito sociale sulla scia degli studi darwiniani. La stessa idea di razza affonda le sue radici nel positivismo e nello scientismo di epoca illuminista; l’affermarsi del principio della frammentazione del genere umano si contrapponeva alla tradizione biblica cristiana prevalente fino a quel momento, la quale sosteneva l’origine unica dell’umanità, tutta creata da Dio a sua immagine e somiglianza.

Negli ultimi decenni del [XIX] secolo, pogrom e persecuzioni violente segnano la vita degli ebrei dell’Europa orientale. Ma anche nell’Europa occidentale, dove gli ebrei hanno ormai raggiunto la piena emancipazioni, si affermano nuove forme di antisemitismo, moderne nei modi e nell’ideologia, anche se nutrite dei vecchi schemi antigiudaici della Chiesa e di suggestioni e miti ancorati in un lontano passato. Moderno è innanzitutto il nome stesso, “antisemitismo”, che trae origine dall’aggettivo “semita”, coniato dalla linguistica del XVIII secolo a definire le lingue “semitiche” e poi slittato a definire i popoli che parlavano queste lingue, in primis arabi ed ebrei, ma che si afferma assai più tardi, nel 1879, quando il giornalista tedesco Wilhelm Marr lo adottò per la sua campagna antiebraica a designare un’ostilità laica e razziale nei confronti degli ebrei. Un’ostilità questa che possiamo definire come “antisemitismo” per distinguerla dalla tradizionale ostilità religiosa agli ebrei (che gli interpreti, in anni più vicini a noi, designeranno con l’etichetta di antigiudaismo). […] L’ostilità antiebraica, che non è più ovvia o naturale come nel passato, ha bisogno di una giustificazione, e soprattutto di un’etichetta che la definisca. Questa etichetta sarà appunto “antisemitismo”. E potremmo parlare di antisemitismo razzista, antisemitismo politico, e fin di antisemitismo cattolico. […] Moderni e diversi da quelli religiosi tradizionali sono gli elementi di questo antisemitismo e molte e composite ne sono le radici: da una parte, l’identificazione degli ebrei con il capitalismo, affermata dal movimento socialista utopistico e con grande virulenza da Karl Marx […]; dall’altra, l’antiegualitarismo di tanta parte della cultura di destra europea, in particolare francese, ostile alle conquiste della Rivoluzione francese e della democrazia; e ancora, il nazionalismo che si afferma con forza ovunque in questi decenni, […] e che vede negli ebrei degli stranieri, nemici delle patrie che li ospitano, e indegni della piena cittadinanza; e non ultima la matrice cattolica, sempre nettamente avversa all’emancipazione politica di un popolo che considera destinato alla servitù un quanto incredulo e deicida[40].

Mentre prende forma l’antisemitismo, si sviluppa un pensiero parallelo, il razzismo “scientifico”. Questa concezione afferma la superiorità razziale dei bianchi nordici, i cosiddetti ariani. Si basa sul patrimonio genetico degli individui, che si differenzia a seconda delle categorie, che vengono denominate “razze”, le quali sono ordinate secondo una gerarchia. Le razze “superiori” possono sfruttare quelle “inferiori”. Le radici affondano nei miti lanciati all’indomani della scoperta dell’America per giustificare la sottomissione delle popolazioni indigene. Queste teorie trovano nuovo slancio nel XIX secolo per giustificare l’imperialismo europeo in Africa e in Asia, volto a “civilizzare” le popolazioni locali. Il razzismo scientifico costituirà un terreno fertile per la diffusione del nuovo antisemitismo.

[40] Anna Foa, Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento, Laterza, Roma-Bari, 2009, p.43-44.

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