I pogrom nella Russia zarista
Nella Russia zarista del XIX secolo si moltiplicarono i limiti imposti agli ebrei, individuati facilmente come capro espiatorio da governanti e governati e spesso obiettivi degli sfoghi popolari frutto di un malcontento diffuso presso la popolazione. Verso la fine del secolo furono sempre più frequenti i pogrom, veri e propri massacri in cui gli ebrei erano aggrediti, saccheggiati, uccisi.
L’assassinio dello zar [Alessandro II], nel 1881, precipitò gli ebrei russi in una situazione del tutto nuova, trasformando l’antisemitismo tutto sommato di routine nel mondo intorno a loro in un fenomeno “dinamico”, una “minaccia immediata alla stabilità del loro modo di vita” (Frankel 1990: 82) e mutando radicalmente la loro strategia politica e le forme della loro organizzazione. Nell’aprile del 1881, un primo sanguinoso pogrom scoppiò ad Elizavetgrad, devastando i quartieri ebraici per tre giorni senza che l’esercito intervenisse a fermarlo, seguito da una serie di attacchi contadini agli insediamenti agricoli ebraici della zona. Pochi giorni dopo, nuovi pogrom scoppiarono a Kiev, Kishinev, Yalta, e poi nel maggio ad Odessa. Nel solo 1881 i pogrom furono oltre duecento, localizzati particolarmente in Ucraina e caratterizzati da uccisioni, stupri, saccheggi, incendi. Le violenze, che la stampa russa nazionalista presentò come la reazione spontanea del popolo russo allo sfruttamento imposto dagli ebrei, presero alla sprovvista il governo, che sospettò inizialmente che i pogrom facessero parte di un piano rivoluzionario[41].
All’inizio del ‘900, la Russia zarista fu anche il luogo in cui si sviluppò un nuovo tipo di antisemitismo[42], il cui emblema furono “I Protocolli dei Savi di Sion”, un libro pubblicato in Russia nel 1905.
Il libro, di cui esistono diverse versioni, si presentava come un falso, pretendendo di essere non un testo antisemita, ma la fedele trascrizione dei piani segreti elaborati dai Savi di Sion, i capi cioè del movimento ebraico mondiale, per impadronirsi del potere mondiale. […] Il contesto in cui I protocolli attirano l’attenzione del mondo è quello successivo alla prima guerra mondiale e alla rivoluzione russa. […] Servono a delineare l’immagine del conflitto mondiale stesso e poi della rivoluzione russa come frutto del complotto ebraico[43].
Nel 1903, un evento era venuto a scuotere gli ebrei russi, il terribile pogrom di Kishinev, la capitale della Bessarabia, con decine di morti e centinaia di feriti. Esso si svolse con la complicità, se non con l’attiva partecipazione, delle autorità, ed ebbe vastissima risonanza internazionale, dal momento che seguiva a un ventennio circa di relativa tranquillità. Il pogrom di Kishinev fu seguito da un’ondata di violenze sanguinose, concentrate soprattutto in Ucraina[44].
[41] Anna Foa, Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento, Laterza, Roma-Bari, 2009, p.14-15.
[42] Si veda il paragrafo “L’antisemitismo contemporaneo” in questa stessa unità.
[43] Anna Foa, Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento, Laterza, Roma-Bari, 2009, p.57.
[44] Anna Foa, Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento, Laterza, Roma-Bari, 2009, p.17.