La Germania nazista
Per affrontare il discorso relativo al genocidio degli ebrei nella Shoah è necessaria una pur breve introduzione che delinei alcuni aspetti della Germania nazista.
La Prima Guerra Mondiale aveva lasciato una serie di questioni irrisolte e i confini europei disegnati a Versailles avevano fomentato i sentimenti nazionalisti di numerosi Paesi. La rivoluzione bolscevica aveva alimentato la paura del comunismo, generando simpatie per tutti i movimenti che vi si opponessero, anche a costo di accettare violenze e violazioni dello stato di diritto (come con il fascismo in Italia).
La Germania aveva subito drastiche misure punitive in quanto Stato sconfitto. Ciò provocò un senso di frustrazione in parte della popolazione tedesca, cavalcato dalle correnti estremiste e sovversive; la fragilità della Repubblica di Weimar, inoltre, non era in grado di garantire a lungo un equilibrio politico e sociale. La Grande Depressione seguita alla crisi del ’29 pesò fortemente proprio sull’economia della Germania. Gli ebrei tedeschi, pur meno dell’1% della popolazione, ma spesso presenti nell’alta borghesia e in alcune professioni economiche (banchieri, agenti di borsa), divennero presto capri espiatori di questa situazione. L’invidia sociale generò il mito secondo cui gli ebrei ricchi (che poi non erano neppure la maggioranza) ordissero una cospirazione contro i tedeschi: una credenza popolare che spesso attecchiva in un ceto medio impoverito. Tutti i principi dell’antisemitismo moderno e del razzismo scientifico venivano evocati e accentuati[51].
Il fenomeno si acuì dopo la presa del potere da parte del partito nazionalsocialista di Adolf Hitler, il cui antisemitismo era forte sin dagli anni giovanili. Il Mein Kampf, letteralmente “la mia battaglia”, manifesto politico e ideologico del nazismo, fu pubblicato nel 1925: 800 pagine piene di teorie confuse e deliranti, in cui Hitler esprimeva convinzioni, programmi e obiettivi, che poi puntualmente avrebbe messo in atto.
Il Mein Kampf fu dettato da Hitler a Rudolph Hess, un giovane fanatico suo seguace, nel periodo in cui era prigioniero nella fortezza di Landsberg dopo il tentativo di colpo di stato del 9 novembre 1923. Il testo inizia con una autobiografia di Hitler che si candida a eroe-capo di una missione, quella di unire tutti i popoli tedeschi, di rilanciare la grandezza della Germania e soprattutto di creare uno stato razzista che mantenga pura la razza tedesca. L’obiettivo fondamentale era creare questo stato razzista combattendo e annientando il nemico principale, che secondo Hitler è l’ebreo. Il Mein Kampf è un libro basato sull’esaltazione della “razza” ariana e sul progetto di sterminio della “razza” ebraica, considerata una razza non pura. All’inizio passò inosservato, ma divenne un efficace strumento di propaganda dal 1929, quando il partito nazista iniziò la sua ascesa elettorale, fino a diventare, nel 1932, il primo partito nel Parlamento di Weimar.
Una politica ostile verso gli ebrei era dunque intrinseca alla stessa ideologia nazista sin dall’inizio: dal 1933, gli ebrei furono progressivamente esclusi dalla vita pubblica, furono annullati i loro diritti politici, logorati nei loro legami sociali e professionali, boicottati economicamente.
Nell’aprile 1933 [due mesi dopo la presa del potere di Hitler] fu limitata la quota di ebrei ammessa negli istituti scolastici, primo passo verso la totale espulsione. Nell’ottobre 1933 gli ebrei furono allontanati dalle professioni giornalistiche. Nel maggio 1935 tutti gli ebrei furono esclusi dal servizio militare[52].
Un passo decisivo fu compiuto con l’emanazione delle Leggi di Norimberga nel settembre 1935, che attribuirono agli ebrei lo status giuridico di razza inferiore e sancirono i divieti già previsti nei mesi precedenti.
Le Leggi di Norimberga furono seguite, nell’ottobre 1938, dalle Leggi Razziali in Italia, accompagnate da una violenta campagna antisemita condotta proprio da Mussolini.
Dal 1935 il regime fascista decise di attuare in diverse forme una politica razzista. In un primo tempo questo percorso venne considerato funzionale all’imperialismo nel continente nero (conquista dell’Etiopia). In seguito si elaborarono campagne propagandistiche nelle quali non solo il concetto di pura razza italica divenne sempre più centrale, ma a questo si associò una crescente polemica antisemita. Pubblicazioni di libri, infittirsi di articoli di giornale, una progressiva emarginazione del personale di origini ebraiche dalla pubblica amministrazione furono gli strumenti che prepararono la svolta del 1938. La china degli eventi fu rapida e coerente. Si iniziò con la pubblicazione del “Manifesto degli scienziati razzisti” (14 luglio), a cui seguì [a distanza di pochi giorni] l’istituzione dell’ufficio speciale denominato Demorazza (Direzione generale per la demografia e la razza). Quindi la fondazione di una rivista propagandistica specifica, “La Difesa della Razza”, diretta da Telesio Interlandi, pubblicata a partire dal 5 agosto e fortemente “spinta” come lettura suggerita alle scuole dal Ministro dell’educazione Giuseppe Bottai, forse il più attivo in quella prima fase. Il 22 agosto si procedette al censimento degli ebrei. A inizio settembre il Consiglio dei ministri approvò i primi decreti legge riguardanti l’espulsione dall’Italia degli ebrei stranieri e i “Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista” (R.d.l. 5 settembre 1938 n.1531). 96 professori universitari ordinari e straordinari, 133 aiuti e assistenti e decine di incaricati e lettori universitari persero il lavoro; vennero revocate oltre 200 libere docenze. Circa 1500 studenti non poterono più frequentare gli atenei[53].
Iniziative antiebraiche si susseguirono in diversi paesi europei per tutta la seconda metà del decennio. A Berlino, la notte tra il 9 e il 10 novembre 1938 la cosiddetta “notte dei cristalli” rappresentò un vero e proprio pogrom per gli ebrei del Reich: 267 sinagoghe furono incendiate; infrante le vetrine dei negozi; 91 ebrei assassinati; cimiteri, luoghi di aggregazione, così come semplici abitazioni di ebrei furono date alle fiamme in tutto il territorio sottoposto al controllo tedesco. Le intenzioni del Führer erano chiare: “[…] l’annientamento della stirpe ebraica in Europa”(discorso del 30 gennaio 1939)[54].
La figura di Hitler […] non può essere liquidata con poche battute di condanna della follia di un uomo che, spinto da una concezione estremistica, e dal fanatismo antiebraico, portò il proprio paese verso il più vasto e sanguinoso conflitto mai accaduto nella storia umana, lasciando dietro di sé la scia di alcune decine di milioni di vittime e l’orrore premeditato dello sterminio di sei milioni di ebrei. […] Hitler era nato in Austria, in un ambiente naturalmente impregnato di fanatismo antisemita, di pangermanesimo e di ostilità alla cultura liberal-democratica. […] Lettore accanito e disordinato degli scritti consonanti alla sua mentalità, finì per assimilare e vivere in una sorta di misticismo assolutistico e intransigente, il cui obiettivo sognato era quello di affermare la supremazia della «razza ariana» e di liberare la Germania, l’Europa e l’umanità dai nemici che ne impedivano l’affermazione, provocandone la decadenza. Questi nemici erano in primo luogo gli ebrei e gli appartenenti alle razze inferiori: gli ebrei capitalisti,che esercitavano la loro finanza di rapina (e che Hitler contrapponeva ai capitalisti germanici, che esercitavano un compito fecondo e creativo)[55] .
[51] Si veda il paragrafo sull’antisemitismo contemporaneo in questa unità.
[52] Wolfgang Benz, L’Olocausto, Bollati Boringhieri, Torino, 1998, p. 27.
[53] Gadi Luzzatto, 24 agosto 2018 http://moked.it/blog/2018/08/24/rettori/
[54] Dizionario dell’olocausto, a cura di W. Laquer, ed. it. a cura di A. Cavaglion, Einaudi, Torino, 2004 p.481-492.
[55] Ennio Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali 1918-1999, Laterza, Bari, 2003, p. 127-128.