Il mondo Yiddish
L’epoca medievale e l’età moderna costituirono anche le fasi in cui nacque e si sviluppò la civiltà yiddish: qualcosa in più di una semplice lingua o di una cultura.
Oggi, chiedendo a chiunque quale sia il Paese al mondo che accolga più ebrei (eccezion fatta ovviamente per Israele) il pensiero non può che andare agli Stati Uniti (non a caso, fino al primo decennio degli anni 2000 era il Paese con più ebrei al mondo). Ma se questa stessa domanda fosse stata fatta fino a un secolo fa, la risposta sarebbe stata certamente la Polonia (o comunque il territorio polacco, non essendo esistito uno Stato dal 1795 al 1919). Ecco dunque che il riferimento alla civiltà Yiddish diventa inevitabile e finisce per costituire uno degli aspetti più curiosi e più ricchi di spunti da un punto di vista culturale nella storia del popolo ebraico. Ma come e quando erano giunti gli ebrei in quest’area? E perché proprio là?
La Polonia sembrava molto attraente e ricca di possibilità diverse. Così la corrente immigratoria proveniente dall’Europa occidentale continuò e raggiunse il punto culminante sotto Casimiro il Grande (1333-1370). […] Agli ebrei erano concessi tutte le facilitazioni per portare a termine i loro affari; potevano eleggere domicili in tutto il regno, senza restrizioni, nonché attraversarlo, e (particolare che getta una curiosa luce sulle concezioni dell’epoca) avevano accesso ai bagni pubblici. […] Nel 1388, una Carta simile garantì gli stessi privilegi agli ebrei del vicino Granducato di Lituania[31].
All’inizio del IV secolo, l’ebraismo uscì dalle sue enclave sul Mar Nero e poi si spostò all’interno, verso i territori selvaggi e poco sviluppati a est dell’Europa centrale. Ora che queste terre passavano sotto il controllo di popoli con cui avevano familiarità e con cui sembravano trovarsi a proprio agio, gli ebrei, non avevano motivo di rimanere sulla costa: al contrario, avevano interesse a partire per diffondere conoscenze, mestieri e commercio nell’entroterra selvaggio. L’imprenditoria ebraica aveva scoperto una nuova frontiera nordoccidentale[32].
I secoli immediatamente prima e dopo l’anno Mille furono testimoni di sviluppi che avrebbero influenzato tutta l’Europa per i successivi mille anni, e non solo gli ebrei. A quell’epoca risale un’altra grande Volkerwanderung (movimento di popoli): un flusso costante di gente di lingua tedesca verso est, spesso ma non sempre guidata da sacerdoti e monaci, nelle terre dei popoli slavi e baltici. […] Gli storici hanno dibattuto a lungo sulle cause della migrazione germanica nel mondo slavo. Questo era sicuramente sottopopolato, offriva nuove terre per l’agricoltura e nuove possibilità di commercio. Ma un così vasto fenomeno migratorio difficilmente si spiega solo con il richiamo dell’opportunità, a meno che dietro non ci fosse anche una spinta importante. La spiegazione migliore finora è quella secondo cui fu la conseguenza di una crescita continua della popolazione[33].
Gli ebrei di Crimea non furono gli unici a essere toccati dall’avvicendarsi dei conquistatori nomadi – tra cui unni, àvari, proto-bulgari, cazari e magiari – che da Oriente si spostavano verso Occidente. Questo grande movimento migratorio, iniziato nel IV secolo e conclusosi nel X, cambiò la composizione etnica di tutta l’Eurasia: come una serie di gigantesche mareggiate, i turchi travolsero molti altri popoli che incontrarono sul loro cammino, li trascinarono per grandi distanze e infine, come quando l’acqua si ritira, li depositarono come minerali preziosi nel bel mezzo di un ambiente nuovo, tra genti sconosciute e lontano dal loro luogo di origine. […] Queste erano le nude fondamenta su cui fu costruito il mondo yiddish. A questo periodo risalgono le prime tracce di una presenza ebraica nell’Europa orientale e nei Balcani[34].
Lo Yiddish fu una lingua in grado di dare vita anche a una propria letteratura. La sua nascita può essere collocata tra il X e l’XI secolo nella Germania meridionale, nella Valle del Reno. La lingua è ispirata a un tedesco antico scritto in lettere ebraiche, soggetto a forti influenze slave e di altre aree d’Europa. La parola “yiddish” significa semplicemente ebreo in yiddish; si riferisce alla lingua, alle persone che la parlano, alla cultura che vi è alla base e alla civiltà che ha costituito.
Alla civiltà yiddish e alle sue coordinate geografiche si riconduce anche la genesi degli ebrei ashkenaziti, dal termine “ashkenaz” che designava la Germania e i suoi ebrei nell’XI secolo. Gli ashkenaziti si distinguono dai “sefarditi” (da “Sefarad”=Spagna), parola utilizzata per indicare tutti coloro che erano stanziati nell’Europa occidentale e mediterranea.
I continui attacchi contro la loro religione potevano solo suggerire agli ebrei delle metropoli greche l’opportunità di trasferirsi verso la periferia dell’Impero: qui avrebbero comunque trovato i vantaggi della civiltà greca e di una comunità ebraica già radicata, ma gli imperatori di Costantinopoli non avrebbero potuto raggiungerli con i loro decreti di conversione. Un simile rifugio era offerto dalle lontane colonie lungo le coste in cui la steppa della Russia meridionale lambisce il Mar Nero. Tra queste rientrava anche la ricca e fertile penisola di Crimea, rimasta sotto un dominio non cristiano fino all’annessione russa per opera di Caterina la Grande nel 1783[35].
Anche per gli ebrei polacchi arrivarono tempi duri. La rivolta dei cosacchi dell’Ucraina del 1648 individuò proprio negli ebrei i responsabili dei loro problemi economici e politici. Quando lo zar di Russia, dal 1654, prese i cosacchi sotto la propria protezione e invase la Polonia, gli ebrei iniziarono ad essere perseguitati o espulsi. Negli stessi anni Carlo X di Svezia invase il paese da ovest, provocando altre stragi: tra gli ebrei, le vittime furono circa 100mila tra il 1648 e il 1658. Da qui l’inizio del lento declino, tra alti e bassi, degli ebrei polacchi, che avrebbero però resistito in gran numero fino al XX secolo, quando si dovettero arrendere alle persecuzioni e alle deportazioni del nazismo.
All’inizio degli anni Ottanta dell’Ottocento, quando iniziava la grande emigrazione, gli ebrei in Russia erano cinque milioni. […] All’inizio del XIX secolo, la maggior parte degli ebrei europei viveva ormai nelle terre soggette allo zar. Le capitali, Mosca e San Pietroburgo, erano loro vietate. […] Solo una piccola percentuale di questi ebrei, il 10-15%, viveva in un ambiente urbano di qualche importanza. Essi vivevano nello shtetl, la cittadina ebraica immersa in un ambiente rurale, a volte poco più che un villaggio[36].
[31] Cecil Roth, Storia del popolo ebraico, Silva Editore, Milano, 1962, p. 442-443.
[32] Paul Kriwaczek, Yiddish. Ascesa e caduta di una nazione, Lindau, Torino, 2010, p.88.
[33] Paul Kriwaczek, Yiddish. Ascesa e caduta di una nazione, Lindau, Torino, 2010, p.137.
[34] Paul Kriwaczek, Yiddish. Ascesa e caduta di una nazione, Lindau, Torino, 2010, p.96-97.
[35] Paul Kriwaczek, Yiddish. Ascesa e caduta di una nazione, Lindau, Torino, 2010, p.84.
[36] Anna Foa, Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento, Laterza, Roma-Bari, 2009 p.12-13.