La Shoah

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Se il maggior numero di ebrei orientali traversarono l’Atlantico per le Americhe (i dati fino al 1925 ci danno in particolare 2.650.000 negli Stati Uniti, 112.000 in Canada, 150.000 in Argentina), anche l’Inghilterra e la Francia furono mete di numerosi emigranti, arrestatisi sul cammino dell’emigrazione americana[46].

La Prima Guerra Mondiale ridisegnò i confini dell’Europa. Fu la fine degli imperi tedesco, austro-ungarico, russo e ottomano, e portò alla definizione di nuovi stati in Europa Orientale, talvolta totalmente inediti (come la Cecoslovacchia) o assenti dal panorama internazionale da secoli (come i Paesi baltici). Queste nuove frontiere furono tracciate a tavolino dai vincitori nella Conferenza di Versailles del 1919. Ciò implicò che prevalessero le ragioni strategiche (come l’esigenza di creare zone cuscinetto per contenere un possibile riarmo tedesco e un espandersi del socialismo russo) a discapito dell’autodeterminazione dei popoli: all’interno dei nuovi stati c’erano così consistenti minoranze. La rivoluzione bolscevica in Russia del 1917, poi, oltre ad aver dato luogo a un notevole cambiamento politico e geografico, comportò anche una sostanziale novità nel panorama sociale europeo. In questo quadro profondamente rinnovato, le ripercussioni si fecero sentire anche nel mondo ebraico.

 

Il problema delle minoranze divenne un problema centrale nella vita degli Stati est europei tra le due guerre: minoranze in lotta fra loro, o alleate fra loro contro la nazionalità dominante […]. Ne derivava un nazionalismo esacerbato, che rappresentava l’ideologia dominante di questi paesi nei decenni tra le due guerre[47].

Ebrei in Albania durante il fascismo – Intervista a Michele Sarfatti ad Antenna Sud nel 2011

Gli ebrei che rimasero in Europa anche all’inizio del XX secolo, soprattutto nell’area centro-orientale dove era fiorita la civiltà yiddish, furono tra le principali vittime della Shoah[48]. Gli anni ’30, con le leggi razziali in Germania e Italia, nonché con discriminazioni e persecuzioni in numerosi altri luoghi del Vecchio Continente, provocarono nuovi spostamenti verso il continente americano o verso il territorio del Mandato Britannico di Palestina. Tra questi, anche numerosi intellettuali e alcuni nomi illustri, come Albert Einstein ed Enrico Fermi (la cui moglie era ebrea).

In tutto, sei premi Nobel lasciarono la Germania dopo l’avvento al potere di Hitler, e altri sedici profughi ebrei, tedeschi, austriaci, italiani e ungheresi, vinsero il Nobel negli anni successivi all’emigrazione. […] Il fior fiore dell’intellighenzia ebraica, musicisti, artisti, scrittori, direttori d’orchestra, partirono per l’Occidente o per gli Stati Uniti[49].

La Shoah ridimensionò notevolmente la presenza ebraica in Europa. I 6 milioni di vittime dei campi di sterminio segnarono una brusca e repentina riduzione nel numero di ebrei nel mondo; a coloro che erano riusciti a fuggire prima delle persecuzioni, si aggiunsero poi quelli che, pur sopravvissuti, si trovavano senza una casa, senza una famiglia, traditi dal loro stesso Stato di appartenenza. Per questo in molti, anche dopo il 1945, iniziarono a trasferirsi Oltreoceano o nel mandato britannico di Palestina[50], il futuro Stato d’Israele.

Se gli ebrei della Polonia e dei territori russi conquistati hanno subito perdite elevatissime (2.700.000 in Polonia, quasi il 90% della popolazione ebraica e 210.0000 in Unione Sovietica), […] in Austria morirono oltre 65.000 ebrei, il 35% della popolazione ebraica esistente prima del 1938. In Germania, 144.000 su una popolazione di 250.000. Altissime le perdite in Grecia, con oltre 58.000 ebrei assassinati, e in Iugoslavia (51.000). In Cecoslovacchia furono 143.000, in Romania 120.000. In Norvegia gli ebrei erano solo 1.700, e oltre 700 di loro furono sterminati. Oltre 75.000 morti in Francia, dove la popolazione ebraica era nel 1939 di 280.000 persone, la più grande dell’Europa occidentale […]. Altissima la percentuale di perdite in Olanda, dove le deportazioni cominciarono nel luglio 1942: 102.000 su una popolazione di 140.000, circa l’80%. In Belgio, morì il 42% dei 56.000 circa ebrei presenti nel paese nel 1941. In Italia, dove le deportazioni iniziarono dopo l’8 settembre 1943, […] le vittime furono intorno ai 7.000, una percentuale di circa il 16%. Anche in Ungheria le deportazioni iniziarono soltanto dopo l’invasione diretta del paese e l’istituzione di un governo collaborazionista, nel marzo 1944, ma […] i nazisti riuscirono a deportare 434.000 ebrei[51].

Alla fine della seconda guerra mondiale, gli ebrei degli Stati Uniti sono quasi cinque milioni, e gli Stati Uniti sono il paese a più alta popolazione ebraica del mondo. Essi sono concentrati nelle zone urbane dell’Est e dell’Ovest, nelle grandi città come New York, Boston, Los Angeles, Philadelphia e rappresentano in media il 2-3% della popolazione[52].

[46] Anna Foa, Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento, Laterza, Roma-Bari, 2009 p. 25.
[47] Anna Foa, Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento, Laterza, Roma-Bari, 2009, p. 33.
[48] Per approfondimenti si veda l’unità sull’antisemitismo, paragrafi “La Germania nazista” e “La Shoah.
[49] Anna Foa, Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento, Laterza, Roma-Bari, 2009, p. 135-136.
[50] Si veda l’unità sul sionismo, paragrafo “Dalla Prima Guerra Mondiale alla nascita dello Stato d’Israele”.
[51] Anna Foa, Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento, Laterza, Roma-Bari, 2009, p. 149.
[52] Anna Foa, Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento, Laterza, Roma-Bari, 2009, p. 209-210.

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