Le migrazioni oggi
Un’altra ondata, che ha interessato nuovamente sia Israele che gli Stati Uniti, è stata quella dell’afflusso degli ebrei dell’Unione Sovietica a seguito della sua implosione nel 1991. Nei territori della Russia e delle altre Repubbliche socialiste erano rimasti numerosi ebrei nonostante le persecuzioni dell’epoca zarista ed erano stati spesso anche attivi nella vita sociale e politica (il Bund, la Lega dei lavoratori fondata nel 1897 come sindacato operaio, era una formazione prettamente ebraica). Il controllo sovietico però, soprattutto in epoca staliniana, non si rivelò benevolo nei confronti della popolazione ebraica, limitandone anche gli spostamenti (come al resto della popolazione). Dal 1991, la dissoluzione dell’URSS ha così per molti rappresentato l’opportunità di andare altrove alla ricerca di maggiore tolleranza, di una riscoperta dei più genuini valori spirituali o semplicemente a caccia di migliori opportunità economiche. Oggi in Russia restano comunque oltre 180mila ebrei.
Gli ebrei del Birobidzhan Durata 5.04 Sorgente di vita del 15/12/2013
La lista dei grossi trasferimenti potrebbe ancora continuare, arricchendosi di numerosi dettagli in un mondo sempre più globalizzato e dove lo Stato d’Israele rappresenta un punto di riferimento costante e sicuro. Tra le varie migrazioni, meritano una particolare menzione gli ebrei d’Etiopia, trasferiti in Israele a metà anni ’80 mediante uno straordinario ponte aereo. Fu l’Operazione Mosè, con cui furono salvati i falascià: 8mila persone, l’antica comunità dei Beta Israel, fuggivano dalla fame, dalla carestia e dalle persecuzioni di Menghistu.
Oggi le migrazioni ebraiche riguardano soprattutto gli spostamenti verso lo Stato d’Israele per motivi religiosi e ideologici, per la ricerca di migliori condizioni economiche e per fuggire a nuove forme di antisemitismo, progressivamente sempre più diffuse soprattutto in Europa[61].
La popolazione mondiale ebraica si avvicina al livello che precede la Shoah. Lo scrive il sito della Juedische Allgemeine citando un rapporto del Jewish People Policy Institute (JPPI) di Gerusalemme: all’inizio di quest’anno, gli ebrei sparsi per il mondo si aggiravano intorno ai 14,2 milioni. Prima della Shoah erano 16,6 milioni. Il rapporto JPPI riferisce il numero degli ebrei nei singoli Paesi: al primo posto Israele con circa 6,1 milioni di ebrei. Seguono gli Stati Uniti con 5,7 milioni, la Francia con 475.000, il Canada con 385.000, la Gran Bretagna con 290.000 e la Russia con 186.000. […] Sergio della Pergola, demografo e docente di studi sulla popolazione ebraica all’Università di Gerusalemme, critica il rapporto JPPI, che butta «mele e arance» nella stessa pentola. Come in molte discussioni tra Israele e la Diaspora, anche questa volta «tutto ruota intorno alla stessa domanda che rimane eternamente senza risposta: chi è un Ebreo»?[62].
Secondo i dati anagrafici italiani pubblicati da Salvatore Strozza e Gustavo De Santis e ripresi dal sito www.neodemos.info, nel 2015 l’Italia ha registrato l’arrivo dall’estero di oltre 250mila cittadini stranieri e il trasferimento all’estero di oltre 100mila cittadini italiani. Quest’ultimo dato, abbastanza impressionante, rappresenta il massimo di una tendenza ascensionale in corso ininterrottamente dal 2007. Gli immigrati italiani in Israele costituiscono solo una minuscola frazione del totale delle partenze ma la tendenza negli ultimi anni è stata molto simile: il numero degli ‘olim hadashim (nuovi immigrati) è passato da 21 nel 2003 a 94 nel 2011, e a 353 nel 2015. Questo forte parallelismo fra i ritmi dell’emigrazione ebraica e totale sembra portare sostegno alla tesi che l’aliyah dall’Italia sia soprattutto legata a fattori di natura economica, anche se non si può negare la compartecipazione di fattori culturali e ideologici, oltre che di motivi di disagio di fronte a manifestazioni dirette o indirette di antisemitismo. Nel 2016 il numero degli immigrati dall’Italia in Israele è sceso a 159, e nei primi due mesi del 2017 gli arrivi sono 20 di fronte a 23 nel 2016 e a 83 nel 2015. Questi dati possono essere interpretati in due modi. Il primo è che comincia a esaurirsi il serbatoio dei membri della comunità ebraica che sentono la necessità di lasciare l’Italia per i diversi motivi ora indicati. Se questo corrisponda a un miglioramento delle condizioni ambientali italiane non sapremmo dire con precisione. La seconda spiegazione nel calo dell’aliyah è che il processo di assorbimento e di integrazione in Israele non è semplice e si accompagna a qualche difficoltà e delusione. Il che può provocare un ripensamento da parte di chi aveva cominciato a programmare il trasferimento nella Terra dei Padri[63].
Barbie, Jewish? The Full Story | The Future Starts Here
Questa storia di spostamenti grandi e piccoli, migrazioni più o meno significative consta di numerosi passaggi che si collocano in ogni epoca storica. Sicuramente oggi l’esistenza d’Israele condiziona questo fenomeno fornendo una risorsa di fronte a possibili fenomeni di intolleranza e razzismo.
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In Europa oggi il verificarsi di minacce antisemite ha indotto molti ebrei, per esempio in Francia, ad abbandonare il proprio paese, per ricominciare la propria vita in una realtà dove la propria specificità potesse essere vissuta con serenità, malgrado i pericoli che pure sono presenti in una regione non ancora pacificata.
[61] Si veda l’unita sull’Antisemitismo, paragrafo “L’antisemitismo oggi”
[62] http://www.mosaico-cem.it/articoli/primopiano/gli-ebrei-nel-mondo-sono-142-milioni-o-forse-no
[63] http://moked.it/blog/2017/04/06/aliyah-5/