Luigi Luzzatti

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Luigi Luzzatti guidò il governo italiano dal 31 marzo 1910 al 20 marzo 1911. Fu un esecutivo sostenuto alla Camera dai giolittiani, caratterizzato da un programma avanzato di riforme (dalla legge elettorale alla statalizzazione della scuola elementare) tanto da guadagnarsi l’appoggio dei radicali, dei repubblicani e persino dei socialisti[24].

Luigi Luzzatti, veneziano, (1841-1927), [fu] non soltanto scienziato, politico, storico, filosofo ed oratore illustre […] ma anche e soprattutto «uomo di cuore». […] Per quasi cinquant’anni, il Luzzatti insegnò diritto costituzionale a Padova e poi a Roma; aveva iniziato l’insegnamento quando, inviso alla polizia austriaca, era giunto esule a Milano. La sua carriera politica ebbe inizio nel 1869, allorché venne chiamato dal Minghetti alla segreteria generale del Ministero dell’agricoltura, industria e commercio, e durò, culminando, con la presidenza del Consiglio dei Ministri, sino al 1921, quando fu nominato senatore. Nel 1906, egli operò la famosa conversione della rendita, una vera e propria restauratio aerari, che segnò l’inizio di un grande periodo di floridezza per la Nazione[25].

Maestro ascoltatissimo in materia di scienze economiche, finanziarie e sociali, egli fu altrettanto felice nel tradurre le sue dottrine in istituti concreti ogni qualvolta l’opportunità gliene fu offerta. Entrato a trent’anni al parlamento, vi rimase durante tutto il resto della sua lunga vita (1841-1927), passando solo alla fine al senato. Nel 1891 fu nominato ministro del tesoro, carica che tenne, con interruzioni, fino 1909, per passare poi a quella di ministro dell’agricoltura; dal marzo del 1910 fu presidente del consiglio dei ministri per la durata di un anno. Elevati i gradi da lui coperti, fu di pari grado il contributo che egli vi apportò […]. Creò una rete di cooperative di credito e di consumo per le classi lavoratrici; di banche di piccolo credito per i rami medi del commercio, dell’industria e dell’agricoltura; di istituti di previdenza per proteggere donne e bambini sul lavoro. Il suo maggior merito fu, forse, il salvataggio della finanza italiana nel 1906 attraverso la conversione della rendita fatta con il concorso della casa Rothschild[26].

Le attività politiche e accademiche furono gli aspetti più noti della biografia di Luzzatti. La sua opera, tuttavia, fu costantemente intrisa di un impegno civile affiancato ad un attaccamento alla sua identità ebraica, pur da un punto di vista secolarizzato, figlio della sua epoca.

Nel solco del pensiero liberale e degli orientamenti dell’ebraismo emancipato, Luzzatti riduceva l’identità ebraica alla sola dimensione religiosa, che si rivelava tuttavia insufficiente a rispondere alle sollecitazioni che provenivano dalle sfide proposte dalla cultura coeva e dal fascino esercitato su di lui dalla letteratura evangelica. […] La scelta di Luzzatti […] non contemplava la conversione, ma l’auspicio di una religione più alta, ampiamente condivisa da altri intellettuali ebrei del tempo[27].

La particolare concezione dell’ebraismo da parte di Luzzatti non deve stupire, ma si può ricondurre alla complessità del dibattito tra ‘800 e inizio ‘900, durante il periodo dell’emancipazione[28]. La sua sensibilità verso le tematiche ebraiche non venne mai meno e si interessò anche alle prime forme di sionismo. In particolare, si distinse per una strenua difesa degli ebrei oppressi in vari paesi d’Europa. Fu molto attento al tema dell’antisemitismo e al suo evolversi in senso razziale e laico[29]. Ad esempio, nel 1899, in una lettera indirizzata a Visconti Venosta, affermava che non si sarebbe recato in Francia finché non sarebbe stato riabilitato interamente Dreyfus[30]. Anche nel corso delle sue esperienze istituzionali si adoperò in questo senso, spendendosi soprattutto per gli ebrei orientali vittime dei pogrom.

Il 4 novembre 1900, diceva al professor Motru dell’università di Bucarest: « […] Gli ebrei riverberano nelle persecuzioni, delle quali sono fatti segno, nelle leggi restrittive che li colpiscono, i vizi e i difetti delle nazioni fra le quali vivono. Dove ottengono l’eguaglianza dei diritti civili e politici, consacrati nelle consuetudini sane, hanno imparato a difendere col sangue la patria che li assimila ai propri figli»[31].

[24] Simona Colarizi, Storia del Novecento italiano, Rizzoli, Milano, 2002, p. 39.
[25] Guido Bedarida, Ebrei d’Italia, Società Editrice Tirrena, Livorno, 1950, p. 177-178.
[26] Attilio Milano, Storia degli ebrei in Italia, Einaudi, Torino, 1963, p. 384.
[27] Mario Toscano, Luigi Luzzatti e l’ebraismo, in Luigi Luzzatti, Discorsi parlamentari. Volume I 1872-1899 Camera dei deputati, Archivio storico, p. LXVII-LXVIII.
[28] Si veda l’introduzione a questa unità.
[29] Si veda l’unità sull’antisemitismo, paragrafo “L’antisemitismo contemporaneo”.
[30] Si veda l’unità sull’antisemitismo, paragrafo “L’Affaire Dreyfus”.
[31] Mario Toscano, Luigi Luzzatti e l’ebraismo, in Luigi Luzzatti, Discorsi parlamentari. Volume I 1872-1899 Camera dei deputati, Archivio storico, p. LXVII-LXVIII.

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