Giacomo Segre
Gli ebrei che parteciparono attivamente ai moti risorgimentali furono numerosi. Contribuirono al diffondersi dell’ideologia romantica, spesso erano amici di Mazzini o degli altri patrioti (Mamiani, Manin), come Giuseppe Revere, patriota e irredentista triestino[36]. Tra questi, spicca in particolare il nome di Giacomo Segre (1839 – 1894), la cui vicenda è avvolta tra storia e leggenda.
Giacomo Segre era il capitano che il 20 settembre 1870 comandava la V batteria pesante del IX reggimento di artiglieria. Alle 5.30 del mattino, probabilmente fu l’uomo che diede l’ordine di aprire il fuoco contro Porta Pia. Perché proprio lui? Dieci giorni prima, Papa Pio IX aveva annunciato la scomunica per chi avesse aperto il fuoco. Con questo escamotage, le truppe del Regno d’Italia furono sciolte da ogni vincolo religioso imposto dal Pontefice.
Sorgente di vita St 2015/16, servizio: La breccia di Porta Pia – 20/09/2015.
Il 20 settembre 1870 i bersaglieri del Regno d’Italia aprivano una breccia a Porta Pia ed entravano a Roma. Finiva il potere temporale dei papi e per gli ebrei si aprivano definitivamente le porte del ghetto, con la conquista della libertà e dei diritti come cittadini uguali agli altri.
L’apertura della breccia di Porta Pia e l’annessione di Roma al Regno d’Italia ebbe per gli ebrei romani effetti rivoluzionari: significò infatti la fine del ghetto, istituito nel 1555 da papa Paolo IV. Una prima apertura c’era stata nel 1848 all’epoca della Repubblica Romana, ma il quartiere era rimasto luogo di segregazione e di miseria: strade strette, condizioni igieniche precarie, spazi ristretti per troppa popolazione. Con il 20 settembre iniziò una nuova era per i circa 5mila ebrei romani: fu anche per loro l’avvio dell’emancipazione, già conquistata dagli ebrei del resto d’Italia nei decenni precedenti attraverso il percorso dell’unificazione. Da quella data infatti ottennero la piena disponibilità dei diritti civili e politici, tra cui la facoltà di studiare, di iscriversi all’università, di girare liberamente senza permessi speciali. Questa vicenda determinò una trasformazione profonda della comunità e sostanzialmente una larga adesione alle motivazioni patriottiche dello Stato italiano.
L’anno dopo Porta Pia, Segre sposa Annetta; nasceranno nove figli. Uno, Ippolito, cade sul Carso nella Prima guerra; un altro, Roberto (1872 – 1936) fa carriera: è con il Duca d’Aosta, Emanuele Filiberto, nella prima Guerra, poi libera Gorizia; quindi, dirige la missione italiana a Vienna, e ne seguono un oscuro processo e un arresto che gli troncano, pare ingiustamente, il «cursus honorum». Di Giacomo non si sa troppo: diventa direttore dell’Arsenale di Torino; una foto ce lo tramanda con una medaglia al petto, fiero, in divisa. Il 20 settembre era appostato a Villa Torlonia, il suo comandante era il maggiore Luigi Pelloux: dirigeva 12 cannoni di grande calibro; ne ottiene una medaglia d’argento, per la «splendida direzione data al fuoco della sua batteria». E l’indomani scrive alla fidanzata: «Ieri fu giornata abbastanza calda. Contro la mia aspettazione, le truppe pontificie fecero resistenza, e si dovette coi cannoni aprire la breccia che fu poi presa d’assalto dalla fanteria e bersaglieri. La mia batteria prese parte all’azione e se ne levò con onore. Rimase morto un caporale, ferito gravemente il mio tenente, che morì stamane».[37]
Oggi la lapide di Giacomo Segre si trova al cimitero di Chieri, in Piemonte, nella zona ebraica. In questa cittadina oggi gli ebrei sono scomparsi, sebbene fino agli anni ’30 del ‘900 vi fosse esistita una fiorente comunità, nata nel XV secolo.
[36] Guido Bedarida, Ebrei d’Italia, Società Editrice Tirrena, Livorno, 1950, p.124.
[37] http://www.ilmessaggero.it/pay/edicola/breccia_porta_pia-596418.html