Dio uno e unico, universale e incorporeo

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È con il decalogo, con i dieci comandamenti, che si afferma l’idea monoteista del popolo di Israele.

Io sono il Signore tuo Dio che ti feci uscire dalla terra d’Egitto, dalla casa degli schiavi.
Non avrai altri Dei di fronte a me[16].

MARC CHAGALL Mosè riceve le tavole della legge, litografia

MARC CHAGALL Mosè riceve le tavole della legge, litografia

Se nel primo comandamento Dio si presenta al popolo di Israele come il donatore della libertà, è proprio con il secondo comandamento che viene espressa l’idea del monoteismo.

Israele è stato il primo e l’unico popolo ad aver l’intuizione del Perfetto Unico, dell’Energia spirituale non proiettata nell’al di là della vita e della terra, come un più grande uomo, ma fonte d’ogni attività, modello e artefice d’ogni perfezione. Non Dio fatto a immagine dell’uomo, ma Dio creatore dell’uomo a Sua immagine. [17]

Gli ebrei, sebbene circondati da altri popoli politeisti, sono stati il primo popolo della storia a credere nell’esistenza di un Dio unico.
Sebbene presso gli egiziani vi fossero state delle intuizioni, che concentravano la religione su un dio particolare, quello del Sole, è con il popolo ebraico che si afferma l’idea del monoteismo, e oggi anche le altre due grandi e diffuse religioni monoteiste, il cristianesimo e l’islam, riconoscono all’ebraismo questo “primato”.
Al tempo d’oggi l’idea monoteista può risultare cosa assolutamente naturale, ma in un’epoca in cui tutti i popoli erano politeisti, la portata di questo comandamento era decisamente rivoluzionaria.
E dalla concezione monoteista di un Creatore unico da cui tutti gli uomini discendono derivava l’idea, di portata ancor più rivoluzionaria, di uguaglianza e di giustizia tra tutti gli uomini.

Dio Uno e Unico, universale e incorporeo, non fu un’astratta idea filosofica, ma un’idea che doveva investire tutta la vita individuale e collettiva. La molteplicità degli dei rendeva possibili e legittime le differenze di razza, di nazione, di casta, di classe, di famiglia e quindi di predominio d’un uomo sull’altro e ‘un popolo sull’altro, poiché gl’idoli nazionali o familiari erano sensibili soltanto alle passioni, ai desideri, alle necessità della gente a cui appartenevano, della classe a cui erano più vicini, della famiglia che proteggevano. Mancando l’idea del Dio Unico, doveva mancare anche l’idea dell’Umanità, la quale fu invece consustanziale col pensiero d’Israele; doveva mancare una concezione dell’etica degna di questo nome, perché non universale, perché non assoluta.

Il monoteismo spirituale e morale d’Israele doveva invece raccogliere gli uomini e l’universo sotto l’amore, la potenza e la giustizia di un Dio uguale per tutti. Era l’aprirsi della luce non solo alla mente, ma anche al cuore degli uomini: così nascevano nel mondo l’ordine, la disciplina, la morale, il bene, l’ideale al posto del caso, della lotta del dissidio, delle potenze cieche e limitate. Israele offriva la parola d’ordine per ogni armonia e per ogni pace, là dove il mondo pagano poneva la conquista e il predominio politico, le differenze sociali e i privilegi di casta.[18]

[16]Esodo, 20, 2-17.
[17] Dante Lattes, L’idea d’Israele (apologia dell’ebraismo), Roma La Rassegna Mensile di Israel, 1951, p. 17
[18]Ivi, p. 21 – 22

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